Floriana Coppola  vive e lavora a Napoli, docente di Lettere negli istituti statali  superiori, counselor professionista specializzata in Analisi Transazionale e Psicologia Esistenziale, perfezionata in Didattica e Cultura di genere e in Scrittura autobiografica. Collabora come critica letteraria in varie riviste on line. E’ presente in varie antologie.



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Ecco lo sguardo chino e obliquo che osserva e non dice 
umile come minuscola specie, non dall'alto ma dal basso 
a ricominciare la conta delle cose più piccole
un respiro, un passo, una nota
con estrema dolcezza prendo sulle spalle 
tutta la verità sopportabile
infaticabile formica a testa bassa, prensili
le giunture ficcate nella terra
umile per singoli intrecci non scontati
il regolo, il passero, lo scricciolo
lo scheletro leggero e vuoto che si innalza
come angelo implume che sa e avanza 
senza la sentenza e lo scudo 
ma negli occhi quanta meraviglia
abbiate la misericordia per la famiglia
dei piccoli invisibili segreti degli insetti
umili come minuscolo universo che non conta 
umile nello sforzo segreto della risalita
umile come un filo d'erba, un guscio di noce 
che tentenna sul pelo d'acqua 
una goccia di luce
che fa poca polvere
e poi canta




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In vetrina sconto l’io diviso nel mondo
il tuo occhio "scende al sesso dell'amato"
amato per due ore, il denaro versato 
su postapay - nome in codice Mercurio -
noi ci guardiamo adesso. Senza vergogna 
io sono la tua merce di carne, bella signora. 
Mi porti via e io ti seguo
come il tuo cagnolino al guinzaglio
nessun suono in gola. Nessuna parola di scambio
slaccio un bottone, poi un altro. Così guadagno
vendo un sogno nascosto tra le vertebre piegate
dei tuoi fianchi. Vendo la bellezza 
il filo elettrico che ti incendia 
fibra muscolare e dopamina
il vezzo di un bacio solitario sopra un banco
eccitazione buia che corrode e infiamma 
poi si spegne, distante ravvicinato ideogramma
due barche a mollo nello stesso porto
fino alla fine del  fiato corto, sincopato
di un orgasmo. Arrivederci e grazie
rimango a luci spente nella stanza
avanti un'altra,  che non finisca 
questa danza




*




La mia anima Incas aspetta il martirio spagnolo
siedo fiera sullo scanno di pietra
dentro il deserto dei Tartari 
mostro la gola bianca. Le narici aspirano vento e sabbia
ecco il profumo dell'eucalipto 
dai, fratello, alza il pugnale dentato 
una stella di luce brilla sulla punta. Scintilla 
Vai,  apri il costato e taglia i nervi
lancia la rosa rossa che palpita viva 
lontano più lontano
oltre il confine montano oltre le guglie 
più acute della roccia 
che io non possa sentire più  
che io sia un involucro vuoto
solo uno sguardo verde senza domanda 
solo una leggera trasparenza 
che torna ad essere nuvola e onda 
pietra - brezza -  e poi onda in un'onda 
più grande 
immensa




*




Rosso il fuoco e rossa la fiamma
rossa la brace sotto la cenere
poi viene il silenzio:  le parole  
distillato paziente che cura
ti sto pensando senza paura
rosso il fuoco e nera l'ombra del mento 
che dolce si piega
come una curva sospesa, l'abbraccio e l'attesa
rosso il fuoco e bianca così bianca la gola 
e la sua resa
ti sto pensando senza più desiderio
come il vento pensa ad un albero
alla chioma che trema
il mare, la corona frizzante di onde 
che va e che viene
rosso il fuoco e azzurra la bocca  
ogni mia parola è argento falso 
Leggi al contrario: 
io sono la carta matta dei tarocchi 
il giullare di corte, il Mago, il Baratto 
ti sto pensando senza la mannaia del passato 
che taglia e spezza
ma con la calma ossessiva di una vecchia
è nostra la venticinquesima ora del giorno
ti sto pensando e tocco 
il bordo sapiente  dell’Averno




*




Io uccido il gendarme che mi ha invaso
e fatto  feroce nido in petto
rara premura dell’ospite inatteso
amore si dice e chiama il mio nuovo nome
nell’abbraccio indiviso mi ritrovo
accigliato arciere nel canto sfrenato che danza
stringo,  nel pugno infermo, scaglie
di questa notte d’inverno che gela
straccio il telo che ci separa,  l’arsenale arrugginito
di scuse e dettagli,   afferro il rasoio delle offese
impronta digitale, indelebile gesto
mi arrampico sugli specchi, sono un insetto
sfinge solitaria e muta di un giardino di stoppie
io uccido la vestale dei focolari,  non resterò a guardare
io uccido la santa che conosce il confine sacro 
tra il bene e il male, ratifica il silenzio sterile dell’eremo
sono ormai essere in penombra
sensibile alle foglie,  affondo le mani fino ai gomiti
nel letto del fiume che scorre




*




Ti dico: non centra la cartella Equitalia
i conti bancari in rosso che non tornano
tu splendi e ingoia il sole 
come se fosse un tuorlo d'uovo sul cucchiaio
è ora che ti abbracci piano piano, lentamente
così per non affondare nel pozzo triste dei tuoi occhi
non tocchi la chiave nascosta sotto al tappeto
eppure lì nel vortice più profondo, tu splendi
il centro, lo vedi? Oltre la pila di multe sul tavolo 
le bollette da pagare, il mutuo fatto con il diavolo 
i debiti aggrovigliati come alghe alle caviglie 
ci assale la marea appena svegli, di quella pena
ma tu splendi, non centrano le catene 
il carcere dei trenta giorni ogni mese
è difficile atterrare, lasciarsi andare alla gravità 
come una foglia sentire la terra sotto i piedi 
essere qui, attraversare i mari e le tempeste 
il gorgo che avvolge e strozza
tu splendi, prendi un raggio e spacca il petto
fermati e respira. Con te galleggio in superficie 
immersa appena,  accarezzo l'acqua
non  inciampare nelle parole buie, sassi che portano giù
Virginia ne mise due grandi nelle tasche e volò sotto
ma io mi inerpico sulla montagna fino 
                                                                a scorticare le mani
sento oscillare dentro la casa rosa dei polmoni
prendo fiato e mi rannicchio, gheriglio nella noce
scavo scalza a mani nude e sciolgo, sciolgo ogni nodo
scivolo lontano dal passato,  lo spezzo come 
                                                                     pane raffermo
senza zoppicare, vibro per respirare




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