113 Respiri in divenire - Generazione nuova


        Evan Bernasconi 

        Piera Biondina                                                                                    

        Ottavia Bulloni 

        Marco Falchetti 

        Stefano Minotti 

        Enea Savio 

        Stefano Scandella 

        Serena Travaglini 

         Estelle Vezzoli 


Illustrazione di Arianna de Angelis



Prefazione di Marco Falchetti

All’interno di questa esile e maneggevole antologia, Respiri in divenire, edita presso alla chiara fonte di Lugano, sono raccolte le voci di nove giovani autori provenienti dalla Svizzera italiana. Il felice titolo attribuitole porta con sé, in limine, i segni di una possibile soluzione interpretativa, quali il flusso e la trasformazione. Seppure in ‘stagioni’ della vita diverse, infatti, tutti gli autori qui riuniti hanno scelto di spostarsi dal Ticino (senza dimenticare l’origine) per questioni legate agli studi accademici: chi verso le Università di Friborgo, di Losanna e di Neuchâtel, situate nella Svizzera francese, chi verso un’esperienza oltre confine, presso l’ateneo di Bologna (giova ricordare che queste città – in particolare la perla sulla Sarine e il capoluogo dell’Emilia-Romagna – sono legate sul piano istituzionale da una vivace mobilità accademica). 

Malgrado questa dispersione geografica, in tempi recenti – grazie anche alla tecnologia quale strumento di mantenimento del contatto in absentia – i componenti del gruppo sono sempre più divenuti lettori l’uno dell’altra, condividendo tra di loro scartafacci, dattiloscritti e abbozzi, così come dubbi stilistici e interpretazioni testuali della propria ricerca poetica: è in questo modo emersa dal profondo la comune passione per la scrittura. Come in una sorta di successio naturalis all’interno di un progressivo moto d’accostamento, le voci d’ognuno si sono disposte concentricamente, e si sono riconosciute nella figura geometrica del cerchio, rifiutando qualsiasi rapporto di subordinazione tra di loro. Non si tratta dunque di un assetto piramidale dalla cui sommità discende un modello da imitare e ripetere, ma del trionfo, in campo artistico, dell’equità, dell’amicizia. 

Per impiegare una metafora tratta dall’ambito musicale, ogni nota dello spartito si è rispecchiata vicendevolmente nei testi qui raccolti, nella modalità di un tema con variazioni, e in molti di questi ha ritrovato un frammento di sé, oppure ha avuto l’occasione di lasciarsi suggestionare nell’immaginazione, e di cogliere poi un residuo di parola, rielaborandolo attraverso un lento solfeggio volto alla scoperta di una propria personale intonazione. Così operando l’antologia si regge su due fondamentali atti, quali il superamento di qualsiasi ‘privatizzazione’ del canto poetico da un lato, e la condivisione spontanea della propria creazione artistica dall’altro: cioè, più in generale, sulla «facoltà di raccogliere gli altri, e se stessi con gli altri, attorno a qualcosa», come ricorda Sereni in un’intervista del 1975. 

Se ogni singolare voce poetica si salda e si lega insieme alle altre, completandosi di rilettura in rilettura, vero è anche che il valore aggiunto di Respiri in divenire risiede nella riscontrabile eterogeneità dei contenuti proposti. L’attenzione fornita ai dati della realtà, il recupero dal fondo della memoria – così come il suo ruolo nella scrittura poetica –, la ricerca dell’universalità del sentimento, il confronto con il proprio luogo d’origine, l’estinzione di un vecchio debito con il passato, e il viaggio sono solo alcuni dei tanti temi che emergono e attraversano, come una sorta di fil rouge, il variopinto panorama delineato nei diversi testi della raccolta. 

Ma al di là di questa diversità di soluzioni impresse sulla carta – termometro delle differenti cifre stilistiche qui riunite –, che pur rimane un fattore al quale prestare attenzione, perché in sé racchiude i principali modelli di riferimento di ognuno, ciò che veramente conta mettere in rilievo è lo sguardo degli autori, interamente volto verso un comune orizzonte culturale entro il quale si compie la scrittura poetica – facendo così convergere il particolare modus operandi di ogni tessera del mosaico verso lo stesso epicentro: è sopra questo terreno che sorge una piccola fucina, all’interno della quale prima ogni componente del gruppo plasma e forgia le immagini, poi attende una visita, adopera il pettine fine, e in seguito restituisce la parola alla pagina – al lettore – intrisa della propria insostituibile sensibilità. 


* * *


Evan Bernasconi 

è nato a Lugano nel 2001, ma ha vissuto a Bellinzona fino alla fine del liceo. È un ventenne, lanciato nel mondo degli adulti di pari passo con una pandemia. Nella vita è studente di Lettere all'Università di Bologna. Non ama prendersi sul serio, ma prende sul serio le poesie che scrive. Quasi sempre. 



lucciolìo


il cielo opacizzato pare
il soffitto di uno scrigno, che chissà
cosa ci voglia nascondere. 
eppure il prato sembra
pieno di stelle
che mi volano intorno. 
mi ci perdo dentro e sdraiatomi
ad ammirarne i balli
finisco a pensare che in fondo
l’inquinamento luminoso
non è poi
la fine del mondo



*



sul mondo (un caffè)


e se io, dal nulla
me ne uscissi così:
“ci saresti
per un caffè 
sul mondo?”
in risposta, tu?

di caffè ne ho.
potrei fartelo espresso,
lungo, decaffeinato, 
al ginseng perfino.
e poi, di chiacchiere ne ho.
potremmo parlare di tutto
e di niente, senza distinguerli, 
e il mondo tutt’intorno
si scioglierebbe lento,  
come zucchero nella tazzina.

“come lo bevi?
ho letto da qualche parte
che si può capire molto 
di una persona, dal caffè che sceglie
…”

se ci soffi sopra, vedi,
le parole sanno volare.



* * *



Piera Biondina 

è nata e cresciuta presso Bellinzona, dopo un breve soggiorno zurighese attualmente studia Storia dell'arte e del Teatro e Letteratura Inglese all'università di Neuchâtel. 




Il miele mi sa di
momenti diventati ricordi,
momenti seduti sul tavolo in cucina,
in fila per età, con lo stesso cucchiaio
che passa dall’una all’altra.
E noi ghiotte di quella gioia densa
Che ti si appiccica alla pelle, alle dita
E mai ti si stacca di dosso.



*



Quell’amore che mi avevi messo fra i capelli
quella sera a casa mia, quell’improvviso
aspettato gesto di tenerezza.
Scusami se non l’ho preso
quando me lo hai offerto
e soprattutto scusami se ti dico
quanto lo vorrei ora.




* * *



Ottavia Bulloni 

(Ponto Valentino, Canton Ticino) è nata nel 1998 e ha studiato letteratura italiana e latino presso l’Università di Friborgo. Da settembre 2022, nella stessa città, si sta formando come docente per la scuola media e per le scuole medie-superiori.




I.


A un gradino segue
lento un altro –
quasi un finale.

«Non è un addio» ripeti

ma tante cose, le ripeti.

Se non un addio
è un vuoto.

Torno sui miei passi
e non ci sono tracce.

Non ci sono mai state.



*


II.

Si leva la noja
dai tetti della città vecchia.
È la solita nebbia:

«Un temp tambarnöisch»
dicevi.
            Ma se tu lo chiamavi così
allora aveva un senso.

Insegnami parole
per indicare anche
il resto – il timore
al rompersi dell’argine,
di quando le mie cicatrici
s’aprono altrove.

            Vorrei dirti…

…avere gli stessi spigoli
è stata la nostra fortuna.

Oltre la cattedrale
s’inabissa la tua figura.



***


Marco Falchetti 

(1995), nato a Mendrisio e cresciuto a Pedrinate, vive a Morbio Inferiore. Dal 2016 al 2021 ha studiato Letteratura italiana e Storia presso l’Università di Friburgo, dove ha conseguito un master in Letteratura e filologia italiane. Attualmente, si sta formando per diventare insegnante d’italiano per la scuola media ticinese.


Passeggiata a Pedrinate


Quest’anno l’arsura si è presa tutto. 

Tutto,
anche le tane delle volpi,
il giaciglio delle vacche
che guardavano come colte
da un lucido delirio d’umanità,
le rocce-case delle lucertole,
la mano che recide la vigna;

e poi altro, altro ancora.

Non so, se tra poco
camminando nell’asfalto che brucia
rivedrò la mia ombra sopra un muro.


*


Farfalla libera tutti


Ulisse dai molti accorgimenti
circonda lucertole in un cantone della casa. 

Se l’orecchio mio
potesse intercettare le giuste frequenze, 
certo sono che sentirei
Guardate, non c’è scampo
dal male, ma non è colpa mia; 
agisco d’istinto, sono semplicemente un cane.


Fuori, nell’aria, filtra
una farfalla di bianco vestita,
porta notizie con il suo tremar d’ali,
scava solchi, incide traiettorie.

Ancora non la mia.



* * *


Stefano Minotti 

(Bellinzona, 1991) attualmente si sta formando quale docente di italiano per le scuole medie. Nel suo    percorso universitario ha studiato presso l’Università di Losanna e l’Università di Roma Tre.  Da sempre appassionato alla letteratura dei due conflitti mondiali, si è laureato con una tesi di commento alle Poesie scritte durante la guerra di Umberto Saba.



PRIME


Attaccato allo spiraglio
di luce
lontano dalla tenda
rifletto
sui risvolti che possa avere
una vita semplice
di chi per lungo tempo
si è coricato presto la sera
e ha peccato soltanto
di tanto amore.


*



Lamponi


Scendeva il sole
tra le crepe e i lamponi
e tu non li coglievi
lasciavi a noi di affrontare
bombi, lucertole e ragni
di sporcarci le mani di rosso sangue
insegnandoci che se la vita ha un dono
è la gioia di strappare al ramo un frutto
atteso tutto l’inverno.


* * *


Enea Savio 

(1997, Melide), laureato in Lingua e Letteratura italiana presso l’Università di Friburgo, sta compiendo i primi passi nell’ambito dell’insegnamento medio superiore. Essendo cresciuto in “una picciola terra di lago […] chiamata Milì”, il colloquio con le acque era inevitabile, e ne ha accettato il fluire. Chissà dove lo porterà questo; alle pendici della montagna s’intravede forse la vetta, ma il sentiero è nascosto. Non c’è molto altro da dire, per adesso cercherà di meritarsi il nome che porta. O perlomeno di non svilirlo troppo.





Fuori piove. Lo contempli per un po’ fumando l’ennesima,
poi la spegni in un barattolo colmo di cenere.
Guardi ancora un po’ fuori, è una pioggia leggera, 
una tinta che accomuna il cielo, le case, le strade 
e appanna un poco il vetro della finestra.

La gente di qui non apre gli ombrelli per questa pioggia leggera,
e anche ai gatti sui davanzali non sembra importare molto.
Son cose che ben sai, per niente d’interesse 
stai cercando con lo sguardo altro
                                                                                 impaziente



La pioggia sgocciola sulla ringhiera del balcone 
lemme lemme, con passo stanco.
Quello che fa lo fa con fare sconsolato.

È l’ora in cui chiudi le gelosie, e fai l’esterno a spiragli. 
Poi accendi i lumini nei vetri. La cera sprigiona il suo aroma, e fa l’aria viziata.
La stanza pare una realtà altra, di luce esasperata.

...

Della pioggia resta uno scarso segno,
(ferma, sospesa nel raccoglimento, soppesa 
il fiato, la penombra, il suo suono ovattato)
e il senso sembra sfuggirci di mano.

Prenditi del tempo, tutto parrà inadeguato,
per farlo sprofonderai in questo ramo di lago.



*


I.


Le alghe stanno bene dove stanno
anche nel loro eccesso, un intrigo di riva 
dove i cigni fanno il nido e se ti avvicini ti beccano.
Daranno meno fastidio, più andrai al largo. 

È il feticismo dei margini giustificati
due sponde allineate 
a racchiudere i nostri incontri liquidi,
le nostre avventure acquatiche.



* * *


Stefano Scandella 

è nato a Cugnasco-Gerra (TI), appena terminato il percorso di studi di letteratura italiana e filologia all’Università di Friburgo ha iniziato a settembre 2022 un percorso di dottorato all’Università di New York.



I.


Amorfo


Sfiorare la figura del suo atono rimbombo. 
Clinica pazzia percuote le campane ossidate d’un 
ritrovo comune futuro. 
Imprimi – con dolore –
la tua rinnegata sillaba su di me, tuo 
unico reale vassallo. 
Mentre tradisco ciò che ti è ancora caro, smetti di ascoltare
parole pronunciate: come sorda, nelle prime ore di buio.
Non c’è spazio; per ora.
Ridi mentre eseguo il massacro da te ordinato.
Bagniamoci nel sangue appena raccolto.

Quanto tempo ancora e uno, più
prima di compiere l’atteso movimento.
Non da te
non da me
che mi porterà pace. 


*



II.


Spartiti


– Solo tu…
 Ma chi? –

La tua figura stampata
nell’odorosa notte, in cui
dimenticato
il tormento della rivoluzione
mi fa risguardare il mondo con occhi non puri.
«Colpa di Evtušenko».
Il corridoio ora è vuoto, alle pareti scordate
mentre bussa alla porta a me più vicina il parlare
della tua sconcertata vittima:
– Io non ti vedo –
mi dici.


…e il mio amaro profilo
si delinea fra un’occasione
mancata e la quieta
patologica
insicurezza. 



* * *


Serena Travaglini 

è cresciuta a Camignolo (TI). Sta terminando con un Erasmus presso l’Università di Bologna il suo percorso di studi in Lingua e Letteratura Italiane e Inglesi, iniziato all’Università di Friburgo. Scrive poesie in italiano e in inglese. Subtleties sono degli inchini ai particolari della vita che non hanno subito sofisticazioni e che ne determinano la ricchezza.




I. 

Ulisse bambino

Ulisse bambino non avrebbe voluto nascere Ulisse.

Meglio sarebbe stato fare il funambolo
per attraversare in punta di piedi
quelle torri gemelle;

evaporare come gazzella,
anziché condensarsi in mito
e rimanere schiacciato 
dal cimelio di se stesso.


*


II. 


Elisa


Dimmi, Elisa cara,
se per infinitarti oltre la gabbia delle ore
ti bastano quelle note stanche
che tutti ti fischiettano,
oppure vorresti perderti guardando un vetraio
dare vita, con un tiepido soffio, a un’ampolla
verde come i campi di casa tua
ed imparare a battezzare i loro fili d’erba?



* * *



Estelle Vezzoli 

è nata a Cureglia nel 2000, ha svolto un bachelor in Italianistica e Filosofia fra l’Università di Friburgo e l’Università degli Studi di Siena. Attualmente sta proseguendo i suoi studi presso l’Università di Friburgo.



I. 


Restare, lo sapevamo, era cosa di tutti. 
Eppure, sotto le foglie, con tutte le mani, 
il nostro nome non lo trovavamo. 
Sussurravano le tegole del giorno, ci dicevano “casa” ma non “permanenza”, 
raccoglievano le ombre dei passaggi, 
piroette, fugacità in divenire: 
questo voleva dire stare in trattenuto respiro sulla finestra delle strade, 
imparare l’immobilità, la cattedrale, senza farne parola 
proteggere il desiderio di gettarsi nel fiume. 



*



II. 


Potevamo avere cinque sassi taglienti 
da mettere in fila uno accanto all’altro 
lungo la precisione della finestra. 
Potevamo asciugarci del loro trattenuto calore, 
metterceli in bocca e sentirne il sale reciproco 
lavorare con la lingua, con le gengive 
per levigare il dolore. 
Potevamo raccoglierli in dita, farli avanzare 
per le linee delle mani; scambiarceli, infine, 
curiosi di sangue e come sollevati 
di non esserci compresi troppo bene, 
gettarli, uno ad uno, ad uno ad uno 
nel fiume. 



* * *










Arianna de Angelis 

nasce nel 1997 a Paradiso (Lugano). La sua passione per le arti visive la porta a frequentare nel 2017 il corso preparatorio della Zürcher Hochschule der Künste,    esperienza che le permette di scoprire il mondo del film d’animazione. Nel 2021 si diploma come animatrice all’Hochschule Luzern e collabora a numerosi progetti di natura multimediale come animatrice, videomaker e illustratrice.








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