97. Maria Rosaria La Manna

      Lascerò i miei segni sulla carta Versi li chiamano

      Immagini: copertina alla chiarafonte,

                          fotografie Beatrice Norelli

       pagine 120

       aprile 2018


Maria Rosaria La Manna

(Caserta 1957 – 1999)

Psicologa e psicoterapeuta.

Esperta in problematiche della condizione giovanile e promozione dell’infanzia e dell’adolescenza.

Responsabile del Consultorio Familiare ASL CE/1.

Ha coltivato attività artistiche nel campo della poesia, della musica jazz e teatro popolare.

Ha investito i suoi ideali in azioni di cambiamento all’interno delle Istituzioni Pubbliche e nel volontariato sociale.

Impegnata sin dagli inizi nel movimento femminista, ha pubblicato nel 1989, Piccolo inciampo, una prima raccolta di poesie (Ed. Del Delfino – Napoli).

Nel 2007 viene pubblicata una seconda raccolta Il mio corpo spiaggia rimane, alla chiara fonte


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da: dell'amore


UN TOCCO PREZIOSO

Un tocco prezioso di labbra
ali di farfalla
il rosa mi invade
caldo morbido
invadente
tu
la dolcezza
tu
il sapore
tu
il contatto
il tepore
l’amore
giochi ad incastro
rubati
trovati
ti amo
ti amo
ti amo
sei dentro di me.


*


COSA TI PASSA PER LA MENTE

Cosa ti passa per la mente,
tesoro
in una notte certamente più cupa
di altre che puoi aver passato?
Questa impotenza agghiacciante
mi terrorizza il cervello.
Anche sfiorarti col pensiero
è un dolore acuto
disperato.
Completamente disperato.
Non posso darti speranze,
figuriamoci certezze!
Non voglio darti consolazioni
tamponare falle
o curare ferite.
Ma farti domande, si!
Non finirò mai,
vizio incurabile,
di chiederti perché.
E dove vai,
con chi,
per chi lo fai.
Mi sforzo di non chiederti
sofferenze inutili
ma fai qualcosa per te,
per te stesso
quel poco tanto che è possibile.
Non annegare,
non aver paura,
non farti ingannare dalle sicurezze
fallo per te
e forse anche un po’ per tuo figlio.

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da: dell'amore negato


NEMICO

Nemico
tu
nemico!
Vorrei sghignazzarti in faccia
una marea di disprezzo,
o assalirti con pugni di rabbia
o abbandonarti nel silenzio
più indifferente.

Se mi cerchi
mi troverai la notte
ad ululare alla luna
sotto quel albero isolato
dietro le case dei ricordi
e i cespugli della delusione.

Ma solo quando il cielo
è più inchiostro
la terra più arida
e le notti più insonni.

Non posso prendermi
anche le tue paure
ti prego
ho troppo peso sulle spalle.
Mi costa già tanto
non sprofondare ad ogni passo.
Devo tastare il terreno
circondare la solidità.
Anzi a volte avrei bisogno
di un aiuto
forse di un ridere in più
o di un bastone
anche storto e nodoso
di una liana.
Non posso avere
spalle tanto grandi.
Coprimi un po’ ogni tanto
non approfittare delle
mie debolezze
non mi sfruttare
mi sento cieca
in cerca di sole


*


CHE DESIDERIO

Che desiderio
di guardarti negli occhi
commuovermi a lungo con te
vedere le tue mani tremare
e la tua gola ingoiare,
le tue narici dilatarsi,
le tue labbra stringersi,
la tua fronte percorsa da piccole onde.
Mentre tutta l’aria
intorno a noi
diventa cerchi concentrici
che si addensano e
ci circondano
riempiendosi delle nostre sensazioni.
E dopo questi interminabili momenti
le tue labbra si allungano
lentamente da un lato
in un sorriso irresistibile
di scoperta gioiosa
e due polpastrelli che si toccano
sono una esplosione di amore
che non so spiegarti.
Come vorrei vederti stasera!
Vorrei dirti:
fa qualcosa!
Costruiscimi nuove catene
di fiori attorno,
questi rami stanno diventando
fragili,
tienimi a te.
Non scivolare sempre più lontano
da come ti ho amato!
E non posso,
non posso dirti,
sii come mi pareva
che fossi!
Un momento di debolezza
o d’amore?
Fogli scritti da te
non più,
tuoi arrivi improvvisi
mai,
un fiore tra le tue mani…
l’ho desiderato.
Pure
mi hai dato tanto.
Perché non
mi è bastato?
Vorrei vederti
qui
con la febbre addosso
a cercarmi
disperato
inventarti
qualcosa
in questa grande casa.
Con
forza!

Un gesto

Un gesto
tanto un gesto
in questi giorni
aspetto
un gesto
che mi entri dentro
e mi cerchi
quel che rimane
di questo amore malconcio.

Un biglietto
una telefonata in ufficio
uno squillo di campanello
una venuta improvvisa
qualcosa che rompe
che esce fuori
che mi sorprende.
Non ti sopporto più
così.

Sta finendo tutto.
questa paura forzata
mi fa pensare
ma allontana.
Un momento
ti desidero
ma mi si aprono
baratri così profondi
che qualcosa si rompe
ogni volta
sempre di più.
E il poter vivere senza di te
torna normale
come un sogno
uma grande ubriacatura
il nostro tempo
lascia un vago
senso di vuoto
di favola conclusa.
Il ritorno alle cose
è di pochi colori
ma naturale
sembra quasi
incredibile
non averci pensato prima.


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da: della vita


NON C’È DISCORSO

Non c’è discorso intero che possa
esprimere la completezza o il percorso
o la desolazione. Solo frammento,
scaglie del vissuto forse talvolta
riescono ad emergere con verità. E
allora che scontroso sia pure il discorso
che le codifica e le porta fuori;
non c’è panorama placido, ma
forse di contrasti quando si è,
ogni volta, all’epilogo di un processo
di sconvolgimenti già avviati.
Prima forse si, si potrebbe, anzi sarebbe
Necessario e giusto rivolgere
domande, tracciare la storia e ricordare;
arginare con il gesto
l’impeto di un sentimento troppo
doloroso; tessere fili di collegamento
tra un’esperienza e l’altra.
Ma quando tutto questo è disatteso
rimangono soltanto spuntoni di
vissuti che la limarità non può
narrare; stonate e scorbutiche
reazioni – contrazioni – abreazioni –
contorsioni – sublimazioni – disperazioni –
genuflessioni – dannazioni –
imprecazioni…..
Sta alla volontà avere il gusto
della interpretazione. Se segui di
impotenza, essi sono anche il veicolo
dell’estremo appello dell’inespresso
disarmonioso incanto dell’interno.


*


L’IMPATTO CON LA NULLITÀ

L’impatto con la nullità
era ogni volta una prova inevitabile
Poteva avvenire nella casa bianca
dopo che con cura
aveva scelto il quadro
e il posto giusto sulla parete
mentre si allontanava
a studiarne l’affetto
il pavimento improvviso si allungava
poteva persino avvertire lo spazio
dilatarsi alle spalle
circondarla di vertigini
da cui a malapena
emergeva la mano
a cercare un sostegno
Oppure succedeva per la strada
in una di quelle città
né piccole né grandi
dove le direzioni divergono
magari sulle strisce pedonali
le auto e le facce sfuggivano
ad una definizione
s’inserivano intercapedini
di un nulla inaspettato
eppure familiari in quell’assenza.
L’assenza seme che ogni tanto
germogliava nel cervello
durante la conversazione
a macchia d’olio cancellava
intere regioni di pensiero
costringendola a brusche iniziative
per dissimulare lo sguardo vacuo
il repentino rossore
il tremore della mano
La mano, a volte
   -avrebbe ancora
    pudore a confessarlo
se la trovava materializzata
in luoghi inaspettati
o movimenti strani
Non che non fosse sua
eppure era un’altra cosa
come fosse assorbita
dal mondo delle cose
diventava aliena
e la sbeffeggiava indicandole
la sua nullità.


*

IL TEMPO

Il tempo
solo si aspetta
che passando
un altro po’
di tempo
si stemperi
quell’acutezza
troppo nota
eppure fastidiosamente sorprendente
la sensazione appare
          -non la inseguo
coi pensieri cortigiani indomiti
di tanta maestosa tirannia
         -non li coltivo io
e i ricordi
sudditi blasfemi e vili
in marcia trionfale
         -non li rinnego
          comunque sia
Scriverò
           scriverò
e scriverò ancora
testardamente o casualmente
lascerò i miei segni sulla carta
             -versi li chiamano
ora posso dire
che sarà per sempre


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