96. Leonardo Marcacci Rossi

      Mercati generali e altre poesie

      a cura di Daniele Bernardi

      postfazione di Massimo Daviddi

      immagini: Leonardo Marcacci Rossi fotografie,

     pagine 120

    aprile 2018


Leonardo Marcacci Rossi (Brissago, 1955-1995) è vissuto tra il Ticino, Roma, Londra e Parigi. Nel 1980 ha pubblicato alcune poesie sulla rivista «Bloc notes». Ha lavorato a due raccolte complete – Cicale e petardi (poesie d'amore), Mercati generali – e a diversi scritti inediti ancora da scoprire. Mercati generali e altre poesie è la prima pubblicazione dedicata alla sua opera.



da Cicale e petardi, 1979




                                                                              a E.D
aspetti la mia voglia di città
negli aperitivi della confidenza

non dici niente
un giro estivo
l'amicizia brucia

attirandomi a te
le scansie dell'umore
scrivere i tuoi muscoli

l'abitudinaria infiamma
cicale e petardi


*


OSPEDALIERA


                                                                              a E.D
certamente non per dialogare questa mia prima
anche se pensando alla tua fragilità del bianco
a cui sei costretto: turbarmi
è dir troppo su quella vacanza
fino al collettivo giocarci
anche se le promesse si bruciano all'istante
desertiche e sublimi.
Io ci ho fatto i grammi
a sintonizzare assenze
per poi la tua ultima «l'umiltà» mi chiama
a quel dell'Incompiuto (fatti fuori o spara).
Vedi: non crocicchi ma curve di retti
nel balenare quel si disse amore
l'espresso dei tempi approfittando armonie
dei tuoi fatti non per caso di mio
al coraggio di viversi
con le cornici abbondanti
del magnifico che scoppia
ai miei sentieri per rincorrerti
ambulante follia


*


da Mercati generali,


mi ricordi il lustrascarpe
inebrio di cere grasse
che insisteva sulle crepe che amava
una stizza di petroglio, un dolente sorriso
nel recinto dei mercati generali
indicava l'oceano con le sue belle gambe
e ci sedevamo più in là dell'altalena
lasciata libera dal sentiero
che scacchi e confusione
fu cancellata dal faro


*




                                                                              a M.
al bar
tra spagnolette e aperitivi
vorrei già febbraio
quando la banda passa
e annuncia la corona
del carnevale

la zanzara punge
quel cemento che distingueva
qualità, fondi, certezze

poi
strappato dall'aria
arriva uno schiaffo


*



non è la camera d'aria bucata
che mi trattiene sulla nazionale
sotto un platano improvviso
una vera bestemmia
di attrezzi neri
traffico la ruota

vado io
a zappare più indietro
tenendo i polsi
i cannibali della prossima carne
e mi prometto
una lente discreta
non perforare contaminazioni
pistoni della vena

poi
ti rivedo al finestrino
dove orsi la mia furia
evacqui così magico
il copertone
schizzi di fango
sui calcagni


*


FINE SETTIMANA


nel silenzio
dove fiuto echi
la faccia del pastore ricordo
era nel temporale la campanella
il segnale che la salita finiva

riuscivo a cantare sebbene stonato
inchiostro da dimenticare
scambiare margherite
quel poco che ci teneva su
agli zoccoli imprestati
comprato folcloristico forno
dove uscivano dolcetti
a la paglia inlludeva casa
gelosare l'agricoltore
il cui dominio
ricordava libertà

sole api e olio
eravamo cacciaviti
col biglietto
di ritorno


*


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