Dario Capello è nato nel 1949 a Torino, dove vive. A questa città ha
dedicato due libri di saggistica, Torino, da Niezsche a Gozzano, Unicoplied. 2003 e Amante vertiginosa, Torino in dodici movimenti, Casaccia ed, 2010.Tra le opere principali in versi: Il corpo apparente, ed. NIEBO, 2001, Vanità del tema, ed. Viennepierre, 2007, Dove tuto affiora, ed. alla chiara fonte,2009, La valigia di Leucò, ed. Casaccia, 2013.


LA INDOVINI AGLI SBOCCHI


1


    Quel che chiediamo di nascosto
al suono di ogni lettera
è vita indecifrata, una via
per il ritorno
un silenzio
tra queste porte che sbattono
anche di notte. tra un piano
e  l' altro, i colpi da sotto.
   Tutto, sarà tutto
quel che non vediamo
dallo spioncino, dall' occhio
di bue, nell' aria confusa
del condominio.
   E' già mutato di segno,
e il senso è dietro,
nell' ombra di...
nella scia...


2


    “Sì, andremo, faremo, saremo”
figure di passaggio
tra i posteggi stretti
delle strisce blu.
Intanto accosto e ti lascio
una mano sospesa
sulla spalla.
Ogni cosa vuole la sua
assenza.

  E anche questa è un'ora
qualunque, vedi
quel raggio di luce incidente
sul parabrezza, è sole
calante, rimbalzo
che svapora
tra i come e i perchè
sono date a noi
le nostre ombre.



3


   Versione celeste, prevedibile
il colore di questa teiera cinese,
smalto sul quasi-nulla, ma intanto
la sostieni con bel garbo,
entrambe le mani.

  Tutto qui? Tutto qui
consegnato
il dono giunto a casa
col corriere di Amazon
con l'aria delle cose
che passano.

   Fuori, alle spalle
nuvole francesi in arrivo.
Anche nere, metà mistero
metà strumenti
del pensiero.



4


   In media nocte
ti svegli e accendi
una luce improvvisa
pulsante di luna.
C'è sempre qualcuno
da non vedere.

  Si fa incontro
lo straniero, a lato
dalla parte inattesa
del comodino,
gesticolando, mostra
la lingua. E' nel punto
più cieco del tuo sguardo.

  Tu obbedisci, in ritardo
obbedisci al dio
del battito di ciglia.

  Eri tutto questo, il cielo
e il fondo del cielo.
Non lo sapevi...
non lo sapevi?

  La stessa chiara finestra
quella grande, prima aperta
sul blu e rosa
ora ti inquieta
in figura di macchia
sconosciuta
la tua
maestra di tutti i volti.



5


  Due dita di vino rosso
dimenticate al fondo
del bicchiere, richiamano
il nostro sonno,
quello di un tempo
quando
di notte
sapevamo tutto.

  Ora è il silenzio
qui, nei volti
che non somigliano,
ma tu immagina un blu
cielo padrone del campo
sorteggiato controvento,
guardalo e lascialo
dire del bene, del male,
delle cose come sono
nella parola “evidenza”.

  Quando
di notte
sapevamo tutto
sapevamo anche che
nessun dolore verrà
con volto nuovo.



6


    Lei che avanza come...
...come un'egizia, sporge
il piede sinistro,  il lato
del cuore, lei che sta per
essere amata.
Sa.

  Sa come far scivolare
i nomi, le strade, il mondo
visibile
nel blu cobalto
slavato dei suoi jeans.

   Ora è fata cattiva, predice
l'inverno, lo chiude
nella voce, lo porta con sé


   “nessun destino, una storia
d'ombre, un cammino” così
risponde al colpo di frusta
della suoneria, al cellulare
che distorce Mozart
all'infinito.



7


   Dice che va bene così,
nel lato triste della donna
verso sera, quando ritira
il bucato dalla pioggia
e lo piega all'ombra
visibile di armadi colmi
di tempo, di un altro tempo.

   Un senso di scongiuro
una distanza
che ha già mischiato
il puro con l'impuro.

  “Si viene qui per vivere”
“No, per morire”
corregge a bocca socchiusa
in lingua da gitana.



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